Decreto lavoro: le misure del governo

Il provvedimento varato il 1° maggio interviene sul cuneo fiscale, sul contrasto alla povertà, sulle politiche attive e sulla sicurezza sul lavoro (Presidenza del consiglio dei ministri, comunicato 1° maggio 2023).

Il Consiglio dei ministri ha varato il 1° maggio, tra gli altri, un decreto legge che introduce misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro. Il testo, ribattezzato “Decreto Lavoro“, interviene innanzitutto sul cosiddetto “cuneo fiscale“, per la parte contributiva, nei confronti dei lavoratori dipendenti con redditi fino a 35.000 euro lordi annui. Inoltre, introduce disposizioni per il contrasto della povertà e l’esclusione sociale, con particolare attenzione per le famiglie al cui interno siano presenti soggetti fragili, minori o anziani, promuove le politiche attive del lavoro, con l’obiettivo di assicurare un’adeguata formazione a chi non ha un’occupazione ed è in grado di svolgere un’attività lavorativa e di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Si interviene, infine, per rafforzare le regole di sicurezza sul lavoro e di tutela contro gli infortuni e si modifica la disciplina del contratto di lavoro a termine.

Le misure di riduzione del cuneo fiscale

Per il sostegno del reddito dei lavoratori, il Decreto Lavoro innalza, dal 2 al 6%, l’esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico dei lavoratori dipendenti per i periodi di paga dal 1° luglio al 31 dicembre 2023, con esclusione della tredicesima mensilità. L’esenzione è innalzata al 7% se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di 1.923 euro. Viene inoltre confermato l’incremento della soglia dei fringe benefit a 3.000 euro per il 2023, esclusivamente per i lavoratori dipendenti con figli a carico. Prevista anche una estensione ai genitori vedovi della maggiorazione dell’assegno unico prevista per i nuclei familiari in cui entrambi i genitori siano occupati.

Le misure di inclusione sociale e lavorativa

Dal 1° gennaio 2024, viene introdotta una misura nazionale di contrasto alla povertà che consiste in una integrazione al reddito in favore dei nuclei familiari che comprendano una persona con disabilità, un minorenne o un ultra-sessantenne e che siano in possesso di determinati requisiti, relativi alla cittadinanza o all’autorizzazione al soggiorno del richiedente, alla durata della residenza in Italia e alle condizioni economiche. Il beneficio mensile, di importo non inferiore a 480 euro all’anno esenti dall’IRPEF, sarà erogato dall’INPS attraverso uno strumento di pagamento elettronico, per un periodo massimo di 18 mesi continuativi, con la possibilità di un rinnovo per ulteriori 12 mesi. Il nucleo beneficiario sarà tenuto a sottoscrivere un patto di attivazione digitale e a presentarsi, con cadenza trimestrale, presso i patronati o i servizi sociali e i centri per l’impiego, al fine di aggiornare la propria posizione.

Per chi è in grado di lavorare: coloro che hanno una età compresa tra i 18 e i 59 anni e non rientrano tra le categorie individuate come “fragili”, è prevista la decadenza dal beneficio nel caso di rifiuto di una offerta di lavoro a tempo pieno o parziale, non inferiore al 60% dell’orario a tempo pieno e con una retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi e che sia, alternativamente: a tempo indeterminato, su tutto il territorio nazionale; a tempo determinato, anche in somministrazione, se il luogo di lavoro non dista oltre 80 chilometri dal domicilio. Per evitare il godimento irregolare del beneficio, sono previsti un adeguato regime sanzionatorio e una specifica attività di vigilanza da parte del personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), dell’INPS, della Guardia di finanza e dei Carabinieri.

I datori di lavoro privati che intendano assumere i beneficiari della misura in questione potranno fruire, a determinate condizioni, di incentivi nella forma di un esonero contributivo. Ai patronati, alle associazioni senza fini di lucro e agli altri enti di mediazione sarà riconosciuto, per ogni persona con disabilità assunta a seguito dell’attività da loro svolta, un contributo compreso tra il 60 e l’80% di quello riconosciuto ai datori di lavoro.

Ai soggetti di età compresa fra i 18 e 59 anni in condizioni di povertà assoluta, facenti parte di nuclei familiari privi dei requisiti per accedere al sostegno al reddito e ai componenti di nuclei che invece lo percepiscono e che non siano calcolati nella scala di equivalenza, è riconosciuto un diverso contributo, volto a sostenere il percorso di inserimento lavorativo, anche attraverso la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive. Tra tali misure rientra anche il servizio civile universale, per accedere al quale sono previste deroghe ai limiti di età e quote di riserva nei relativi bandi. Al fine di beneficiare dello strumento, i soggetti interessati dovranno registrarsi su una piattaforma informatica nazionale, rilasciare una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, rispondere a determinati requisiti e sottoscrivere un patto di servizio personalizzato, a seguito del quale potranno ricevere offerte di lavoro o essere inseriti in specifici progetti di formazione. Durante la partecipazione ai programmi formativi, per un massimo di 12 mensilità, gli interessati riceveranno un beneficio economico pari a 350 euro mensili.

Per favorire l’occupazione giovanile sono previsti incentivi pari al 60% della retribuzione per un periodo di 12 mesi, a favore dei datori di lavoro che assumono giovani sotto i 30 anni di età, non inseriti in programmi formativi e registrati nel PON “Iniziativa Occupazione Giovani”. L’incentivo è cumulabile con l’esonero contributivo nella misura del 100%, per un periodo massimo di 36 mesi, e con altri incentivi previsti dalla legislazione vigente.

Contratti a termine

Modificata la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, variando le causali che possono essere indicate nei contratti di durata compresa tra i 12 e i 24 mesi (comprese le proroghe e i rinnovi), per consentire un uso più flessibile di tale tipologia contrattuale, mantenendo comunque fermo il rispetto della direttiva europea sulla prevenzione degli abusi. Pertanto, i contratti potranno avere durata superiore ai 12 mesi, ma non eccedente i 24 mesi: nei casi previsti dai contratti collettivi; per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti, in caso di mancato esercizio da parte della contrattazione collettiva e in ogni caso entro il termine del 31 dicembre 2024; per sostituire altri lavoratori.

Sicurezza sul lavoro

Istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo per i familiari degli studenti vittime di infortuni in occasione delle attività formative. Viene previsto, tra l’altro: l’obbligo per i datori di lavoro di nominare il medico competente se richiesto dalla valutazione dei rischi; l’estensione ai lavoratori autonomi di alcune misure di tutela previste nei cantieri; l’obbligo di formazione specifica in capo al datore di lavoro nel caso di utilizzo di attrezzature di lavoro per attività professionali e conseguenti sanzioni in caso di inosservanza.

Si introducono, infine, disposizioni in materia di condivisione dei dati per il rafforzamento della programmazione dell’attività ispettiva e di vigilanza nella Regione siciliana e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti riguardo ai presupposti per accedere alla Definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (Agenzia delle entrate, risposta 27 aprile 2023, n. 307).

L’Agenzia delle entrate ha ricordato la disciplina della definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni contenuta nella Legge di bilancio 2023, facendo riferimento, nello specifico, al comma 153, nel quale è disposto che le somme dovute dal contribuente a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, richieste con le comunicazioni previste dagli articoli 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972, per le quali il termine di pagamento di cui all’articolo 2, comma 2, del D.Lgs. n. 462/1997, non fosse ancora scaduto alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio 2023, ovvero per le quali le comunicazioni sono recapitate successivamente a tale data, possono essere definite con il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali, degli interessi e delle somme aggiuntive. Inoltre, le sanzioni sono dovute nella misura del 3% senza alcuna riduzione sulle imposte non versate o versate in ritardo.

Al comma 155, la Legge di bilancio 2023 dispone che le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, il cui pagamento rateale ai sensi dell’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 462/1997 fosse ancora in corso alla data di entrata in vigore della Legge di bilancio, possono essere definite con il pagamento del debito residuo a titolo di imposte e contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive. Anche in questo caso sono dovute le sanzioni nella misura del 3% senza alcuna riduzione sulle imposte residue non versate o versate in ritardo.

La definizione disposta dal comma 153 risulta, pertanto, circoscritta alle sole somme richieste a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, mentre il comma 155 prevede la definizione agevolata delle somme dovute a seguito di controllo automatizzato delle dichiarazioni riferite a qualsiasi periodo d’imposta, per le quali, alla data del 1° gennaio 2023 sia regolarmente in corso un pagamento rateale.

 

L’Agenzia, facendo riferimento anche alla circolare 13 gennaio 2023, n. 1/E, ha chiarito che per rateazioni in corso al 1° gennaio 2023 si intendono le rateazioni regolarmente intraprese in anni precedenti, per le quali, alla medesima data, non si è verificata alcuna causa di decadenza.

L’agevolazione, dunque, consiste nella rideterminazione delle sanzioni in misura pari al 3% dell’imposta, non versata o versata in ritardo, che residua dopo aver considerato i versamenti rateali eseguiti fino al 31 dicembre 2022. Pertanto, la definizione agevolata si realizza con il pagamento degli importi residui a titolo di imposte, contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive, nonché con il pagamento delle sanzioni calcolate nella misura del % delle residue imposte non versate o versate in ritardo.

 

Nel caso sottoposto al vaglio dell’Agenzia, risulta che l’istante abbia presentato, con riferimento all’anno d’imposta 2017, una prima dichiarazione modello 770 il 30 ottobre 2018 e, successivamente, una dichiarazione integrativa il 23 novembre 2020. A seguito di controllo automatizzato delle suddette dichiarazioni, le anomalie emerse sono state comunicate all’istante, successivamente invitato a segnalare eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo automatizzato. Avvenuta la comunicazione definitiva degli esiti, contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, l’istante ha, quindi, provveduto al pagamento della prima rata, adottando un piano di rateazione di 20 rate.

 

Ciò premesso, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che non risultano sussistere nel caso di specie i presupposti per l’applicazione della definizione agevolata di cui al citato comma 153, in quanto la comunicazione di irregolarità ricevuta non è riferita ai periodi d’imposta 2019, 2020 e 2021. Inoltre, non si può far riferimento nemmeno alla definizione ex comma 155, in quanto alla data del 1° gennaio 2023 l’istante non aveva in corso alcun pagamento rateale delle somme dovute con riferimento alla comunicazione di irregolarità della dichiarazione modello 770/2018, relativa al periodo d’imposta 2017.

 

 

CCNL Credito: sospesi i termini del rinnovo fino al 31 luglio 2023

Al fine di avviare il percorso per il rinnovo del CCNL, le parti sindacali hanno deciso la sospensione

Le sigle sindacali Abi e Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca, Unisin Falcri-Silcea-Sinfub, in continuità con quanto stabilito dai Verbali di Accordo del 27 dicembre 2022  e del 28 febbraio 2023, al fine di avviare il percorso per il rinnovo del CCNL Credito del 19 dicembre 2019, concordano che gli incontri che si svolgeranno tra le Parti stesse entro il 31 luglio 2023 si considerino convenzionalmente come se si fossero svolti entro il 31 dicembre 2022 ad ogni conseguente effetto – anche di cui al Verbale d’Accordo del 28 giugno 2022 – con la conseguente “mera” sospensione, fino al 31 luglio 2023, dei termini al 31 dicembre 2022 di cui alle previsioni e istituti negoziali nazionali, ferma ed impregiudicata la decorrenza al 1° gennaio 2023 degli effetti degli eventuali accordi che dovessero essere raggiunti all’esito dei predetti incontri, in mancanza dei quali la situazione rimarrà quella in essere al 31 dicembre 2022, ivi incluso quanto previsto dall’art. 6, comma 4, ccnl 19 dicembre 2019, come integrato dal Verbale di accordo 28 giugno 2022.
Resta pertanto inteso che dal presente verbale non derivano in alcun modo effetti di proroga o di ultrattività di disposizioni di cui alla contrattazione nazionale delle quali sia espressamente prevista la scadenza al 31 dicembre 2022.
Le OO.SS. precisano che alle prestazioni lavorative rese dai lavoratori fino al 31 luglio 2023 troveranno integrale applicazione i trattamenti economici e normativi previsti dal CCNL 19 dicembre 2019.

Lavoratrici domestiche madri: indicazioni sull’esonero contributivo

L’INPS fornisce indicazioni operative per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi alla misura di esonero contributivo per le lavoratrici domestiche madri che sono rientrate nel posto di lavoro entro il 31 dicembre 2022 (INPS, messaggio 28 aprile 2023, n. 1552).

La Legge di bilancio 2022 (Legge n. 234/2021), come noto, ha introdotto, in via sperimentale, per l’anno 2022, un esonero dal versamento dei contributi previdenziali, nella misura del 50%, a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per un periodo massimo di un anno dalla data del predetto rientro. La stessa misura agevolativa si applica anche alle lavoratrici domestiche, a condizione che l’effettiva ripresa del lavoro sia avvenuta tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022.

 

In proposito si ricorda che le possibili cause che possono posticipare il rientro effettivo al lavoro (quali, a titolo esemplificativo, le ferie, la malattia e i permessi retribuiti), purché collocate senza soluzione di continuità rispetto al congedo obbligatorio, determinano lo slittamento in avanti del dies a quo di decorrenza dell’esonero, sempre a condizione che il rientro a lavoro si sia verificato entro il 31 dicembre 2022.

 

L’INPS comunica che, i datori di lavoro domestici, per conto della lavoratrice interessata, possono chiedere l’applicazione dell’esonero in argomento presentando apposita domanda direttamente sul sito istituzionale attraverso il seguente percorso: “Imprese e Liberi Professionisti” > “Esplora Imprese e liberi professionisti” > “Strumenti” > “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)“ > “Utilizza lo strumento”. L’accesso avviene autenticandosi con la propria identità digitale di tipo SPID almeno di Livello 2, CIE o CNS.

 

Il datore di lavoro, dopo aver selezionato la voce “LD –Richiesta Esonero Contributivo per Madri Lavoratrici”, potrà procedere all’inserimento della relativa domanda. Ultimata la procedura di presentazione della domanda di esonero contributivo è possibile scaricare la ricevuta in formato PDF e visualizzare tutte le informazioni in relazione anche allo stato di lavorazione. 

 

In caso di accoglimento dell’istanza di esonero, per i trimestri per i quali è già stata versata la contribuzione in misura piena, è prevista la restituzione al datore di lavoro del 50% della quota a carico della lavoratrice madre da rimborsare alla stessa.

 

Nel  messaggio in oggetto, inoltre, l’INPS riporta in apposite tabelle l’importo dei contributi con esonero del 50% del contributo a carico delle lavoratrici madri con decorrenza dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2023 e i coefficienti di ripartizione valevoli dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2023 (senza contributo addizionale di cui al comma 28 dell’articolo 2 della Legge n. 92/2012 da applicare ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, con esonero del 50% del contributo a carico delle lavoratrici madri e comprensivi del contributo addizionale da applicare ai rapporti di lavoro a tempo determinato, con esonero del 50%). 

CCNL Terziario (Confcommercio): confronto tra le OO.SS. e Confcommercio per il rinnovo del contratto

Le Parti Sociali hanno espresso la necessità di rimodulare alcuni istituti economici e normativi

Da qualche mese sono iniziate le trattative per il rinnovo del contratto del settore Terziario, scaduto il 31 dicembre 2019. Il contratto si applica a tutte le aziende del Terziario di mercato, Distribuzione e Servizi che svolgono la propria attività con qualsiasi modalità, ivi comprese la vendita per corrispondenza ed il commercio elettronico, appartenenti ai settori merceologici e categorie di riferimento, nonché a tutto il relativo personale dipendente.
Nel mese di dicembre 2022 le Parti Sociali hanno siglato un Protocollo straordinario di settore, al fine di offrire una risposta economica alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori del settore.
Il 21 aprile 2023 le organizzazioni sindacali nazionali Uiltucs, Filcams e Fisascat, unitamente alle proprie delegazioni trattanti, si sono incontrate nuovamente con Confcommercio per il prosieguo del negoziato. Durante l’incontro le OO.SS. hanno ribadito la necessità di raggiungere quanto prima un’intesa volta alla definizione del rinnovo. 
I rappresentanti dei lavoratori hanno evidenziato che in ordine all’istituto della “classificazione del personale” vi sono ancora criticità di impostazione di criteri e di inquadramenti, soprattutto per i ruoli relativi al settore ICT. Confcommercio ha inoltre comunicato di ritenere necessario l’approfondimento del confronto sui temi riguardanti il mercato del lavoro, in particolare in relazione alla disciplina del contratto a tempo determinato.
In merito al dumping contrattuale insistente nel settore e al fine di rendere concorrenziale il contratto in discussione, Confcommercio ha rappresentato la necessità di rimodulare alcuni istituti economici e normativi quali: rol, ferie, 14ª mensilità, scatti di anzianità.
Nella seconda parte dell’incontro vi è stato un ulteriore confronto con AssoDelivery per verificare un’intesa inerente il sistema di relazioni sindacali.
I prossimi incontri sono attesi per le prossime settimane.